Il Centro clinico della” Cura del Girasole Onlus” considera l’ADHD un comportamento che deriva, quasi sempre, da diverse cause emotive che vengono valutate con una attenta valutazione psicodiagnostica e psicodinamica e non solo comportamentale ,..
Le difficoltà di gestione familiare, la “disperazione “ degli insegnanti ( soprattutto!),ha fatto lievitare anche in Italia l’attenzione per questo disturbo, che nel passato, non considerato vera e propria patologia del bambino, era attribuito a cattivo comportamento o dis-educazione, con scuola e sociale che stigmatizzavano la famiglia come incapace di dare una buona educazione
Nella nostra attuale società occidentale, quando un disturbo o un comportamento prioritariamente dà fastidio alla comunità ed è mal tollerato, ci sono importanti investimenti di risorse per la clinica e la ricerca, per verificare come eliminarlo. Nel 1970 venivano segnalati negli USA150.000 casi di ADHD, ora oltre 11 milioni.
Anche in Italia, quando il disturbo “viene specificamente ricercato”, nella popolazione infantile viene indicata una frequenza di circa il 4% (in pratica un bambino in ogni classe di 25 alunni), non dissimile dalle stime Nord Americane e Nord-Europee mentre altre stime forse più verosimili si attestano sullo 070% .
La variabilità dei numeri della epidemiologia già informa della incertezza della diagnosi che varia in rapporto a chi la fa, quali strumenti vengono utilizzati e quali indici vengono cercati
L’ADHD è una categoria diagnostica di una –considerata-malattia che ha due aspetti qualificanti:
- è una diagnosi del comportamento
- Sarebbe una malattia di carattere biologico
Quindi su questi due aspetti si potrebbe dire che è una “malattia”
In questo articolo dopo alcune considerazioni critiche si farà riferimento alla nostra esperienza clinica per verificare se è possibile darne anche una lettura psicodinamica e quindi fruibile dallo psicoterapeuta. Non si farà riferimento alle categorie diagnostiche del DSM e, a chi interessa, potrà leggersele nel DSM5 e nelle pubblicazioni dedicate.
E’ una categoria diagnostica di una -considerata-malattia che ha due aspetti qualificanti:
- è una diagnosi è essenzialmente clinica ,si basa sull’osservazione clinica del bambino/adolescente e sulle informazioni fornita da genitori ed insegnanti, basate sulla loro soggettività
- sarebbe una malattia a base biologica da alterazione neurotrasmettitoriale e/o genetica anche se non ancora dimostrata
Su queste basi è una “malattia” che non dovrebbe essere di competenza e di interesse dello psicoterapeuta, psichiatra o psicologo che sia, che lavora con una chiave di lettura che poggia sulla psicologia dinamica
La sintomatologia è caratterizzata da
1. inattenzione (o facile distraibilità)
2.impulsività/iperattività
- Viene segnalato che le patologie che seguono possono mimare l’ADHD o esserne associate in comorbidità e che anche loro richiederebbero interventi psicologico-psichiatrici, centrati sui bambini, sulla famiglia, sulla scuola
- Disturbi d’ansia
- Disturbo ossessivo compulsivo
- Disturbi dell’Umore
- Disturbo bipolare
- Disturbo pervasivo dello sviluppo
- Ritardo mentale
- Disturbo Oppositivo-provocatorio
- Disturbo di Condotta
- tic multipli Sindrome di Gille de la Tourette /
- Disturbi di personalità
- Disturbi specifici dell’apprendimento.
- Disturbi dell’Adattamento
- Disturbi di sviluppo
- Vivacità fisiologica
- Problemi situazionali, ambientali, familiari.
- Inadeguato supporto scolastico (lieve ritardo o ,viceversa, particolare vivacità intellettiva con programmi scolastici “standard”)
- Alterato supporto ambientale, sociale, familiare (ambiente caotico, divorzio, abbandono, abuso)
L’ADHD e ben descritta sul DSM5 ed ha il riconoscimento della società scientifica internazionale, sarebbe antiscientifico porsi su posizioni negazioniste , ma non sarebbe nemmeno clinicamente corretto esimersi dall’esprimere valutazioni critiche e proporre anche ipotesi di altre possibili letture che gli studi sull’ADHD non hanno sufficientemente considerato
- Pur rispettando le convinzioni, le asserzioni e le modalità operative dei professionisti che ne riconoscono la validità della diagnosi e della terapia, importate dagli Stati Uniti, non abbiamo rinunciato a verificare se ci sono ambiti di valutazione e di lavoro clinico, da parte dello psicoterapeuta psicodinamico
- Valutazione critica della diagnosi
- La diagnosi di ADHD è essenzialmente clinica ;viene definita come malattia geneticamente determinata anche se non è ancora dimostrata sperimentalmente la causalità di un gene o di pool di geni ne si ha certezza dell’individuazione di marcatori biologici
- Viene attribuita ad alterazioni neurotrasmettitoriali anche se tali alterazioni non sono una prerogativa esclusiva dell’ADHD ma sono comuni in tutti i disturbi psichiatrici anche di origine psicologica-affettiva-sociale
- Le cause psicologiche e sociali vengono relegate a concause minori
- La “malattia ADHD “ è un elenco di comportamenti disfunzionali descritti soprattutto dagli insegnanti e confermati poi dai genitori ( ma prima dei sette anni, i genitori non si sono accorti di niente?):
- Gli strumenti diagnostici specifici per l’ADHD sono basati su questionari osservazionali dei genitori e degli insegnanti, basati sulla loro soggettività, mancanti di specifiche competenze osservazionali dei comportamenti,
- La diagnosi è variabile in base allo specialista che segue il bambino
Ma, sono sufficienti per riconoscerle la dignità di malattia?
- La diagnosi potrebbe rischiare di essere condizionata e sostenuta da motivazioni di carattere economico e sociale(i comportamenti fastidiosi vanno eliminati)
- L’attuale società ha paura di essere “colpevolizzata”: ricerca cause esterne –organiche- per evitare considerazioni sullo stile di vita-educazionale-affettivo
- Una malattia organica è decolpevolizzante /deresponsabilizzante/elude il dolore di sapere e riconoscere il figlio sofferente: meglio una malattia fisica piuttosto che un disagio emotivo
- Le enfasi diagnostiche sono variate secondo le epoche (frequentemente la scuola orecchia una diagnosi la enfatizza e ne generalizza l’uso un po’ a tutti i disagi che incontra difficilmente gestibili:
il minimo danno cerebrale, l’autismo, Il caratteriale, le disarmonie evolutive, La dislessia, fino all’attuale ADHD.
- Valutazione critica delle terapie farmacologiche
Le terapie farmacologiche trovano la loro senso perché viene dato un ruolo importante alla fisiopatologia dell’ADHD alla disfunzione dei sistemi dopaminergici,e alla disregolazione del sistema noradrenergico
Quindi i farmaci indicati agiscono sui sistemi neurotrasmettitoriali
- Dopaminergico
- Metilfenidato(ritalin)
- Anfetamina
- Noradrenergico
- Atomoxetina(statera)
- Desipramina(nortimil) Triciclici antidepressivi
Antiadrenergico
Intuniv (guanfacina)
ma se ne aggiungeranno altri perché la ricerca( nel senso del”cercare”) di altri farmaci è molto attiva
Una cosa singolare che, nessuno ha evidenziato è che tra i primi farmaci indicati insieme al metilfenidato e anfetaminici c’era la desipramina (Nortimil) che era un vecchissimo antidepressivo molto apprezzato, molto maneggevole, ben conosciuto, efficace e ben validato ed aveva un costo bassissimo, una coincidenza: con la messa in commercio dei più noti e più recenti psicostimolanti , venne tolto dalla distribuzione
Le cure in medicina
- possono rimuove le cause-e portano a guarigione: ma non nell’ ADHD
- se l’assunzione del farmaco è regolare, danno sollievo e remissione dei sintomi: come nell’ ADHD
- ma se si interrompe la cura, riemerge la sintomatologia immodificata : come nell’ ADHD
La nostra esperienza
Le considerazioni che seguono non vogliono essere delle asserzioni ideologiche ed integraliste che si contrappongono ad altre, ma poggiano su quanto osservato in bambini che abbiamo accolto e si son rivolti a noi per una sencond opinion, dopo che avevano ricevuto e certificata una diagnosi di ADHD da uno dei centri dedicati a tale patologia, e la nostra valutazione non si è limitata alla osservazione del comportamento
- La valutazione diagnostica comprendeva la somministrazione di test proiettivi: grafici
( disegno libero, della persona, della famiglia e il “bambino sotto la pioggia” ), test di Rorschack, seduta al sand play, diagnosi familiare con incontro valutativo di tutta la famiglia; se il bambino aveva una età in cui era difficile la somministrazione dei test si facevano sedute di osservazioni di gioco genitori-bambino, osservazioni individuali, utilizzazione delle favole della Duss .
- Si è scelto di non riportare dati numerici precisi perché non si vuole dare una dimostrazione alternativa che vada a confutare la impostazione corrente ma sollecitare l’attenzione e la riflessione dei clinici a considerare anche ciò che viene esposto.
- Su circa venti casi valutati, solo uno poteva essere veramente un ADHD in cui l’iperattività aveva delle analogie alla irrefrenabilità di alcuni tic multipli e della Sindrome di Gille de la Tourette, cioè era indiscutibile la base organica.
In tutti i casi si è riscontrato:
-nella famiglia:
- disfunzionalità familiare specie nei bambini di età prescolare.
- a volte una ricorrenza di patologie dell’umore nel trasgenerazionale
-nei bambini:
- patologia depressiva in cui l’iperattività era la difesa maniacale dal vissuto depressivo, e ,la disattenzione, era legata alla pressione emotiva che interferiva nel motivare il bambino nell’impegno attentivo.
oppure
- funzionamento psicotico in cui l’iperattività era la espressione gestuale e motoria di un disturbo del pensiero e del rapporto con la realtà.
- Nel profilo evolutivo spesso si registravano esperienze depressogene precoci fin dal primo anno di vita. Alcuni di questi bambini non avevano avuto un rispecchiamento affettivo e conferme narcisistiche, non erano stati ne pensati ne visti dai genitori impegnati nei loro problemi di coppia o in altro; non avendo risorse per sviluppare un “Falso Sé” compiacente che li faceva conformare ai desideri e bisogni dei genitori, si procuravano la garanzia di essere visti con la confusione e la irrequietezza cioè con ciò che infastidiva che aveva anche il vantaggio di non far sentire la depressione per la privazione affettiva e, far convergere su di lui l’attenzione dei genitori che li distoglieva dal confrontarsi con i loro problemi.
- Quando questo funzionamento inizia precocemente produce nel bambino una distorsione del rapporto con la realtà interna ed esterna che ricade nella struttura del pensiero, nelle senso-percezione e nella percezione delle emozioni, derivandone un comportamento in cui l’iperattività è l’espressione della dissociazione del pensiero e l’incontinenza pulsionale esprime la paura –persecutoria- che ha della realtà sentita minacciosa a cui reagisce aggressivamente. La disattenzione è la risultante dei frammenti di pensiero che si susseguono non permettendo una continuità delle azioni ed anche perché l’attenzione è più rivolta alle minacce del suo mondo interno ed esterno più che a ciò che il mondo esterno gli chiede.
E’ utile ricordare ipotesi psicodinamiche che hanno 100 anni(tutt’ora utilizzate), La Klein (1921-1958 ) parlava di “difese maniacali “per difendersi dalla sofferenza
Bion(1962) parlava di “scarico motorio degli elementi Beta non trasformati in elementi alfa per carenza della funzione rêverie materna (fin dalla gravidanza)
Tutto ciò viene riconosciuto nella sua disfunzionalità quando il bambino comincia a frequentare il contesto scolastico e sono le insegnanti spesso a sollecitare i genitori ad occuparsi dei figli.
La cura che è stata proposta nella nostra casistica:
- Psicoterapia( analitica) individuale con la “San Play Therapy”(gioco della sabbia di D.Kalff)1.
- Terapia genitori-bambino (quando era necessario riparare la relazione con i genitori e con bambini piccoli in cui non era utilizzabile la “Sand Play Therapy”).
- Psicoterapia della famiglia, sistemico-relazionale e psicodinamica.
- Terapia farmacologica con antidepressivi combinati, nel funzionamento psicotico, con neurolettico a basso dosaggio.
I risultati:
- Un terzo dei casi, circa, si limitarono a ritirare la relazione con la diagnosi psicodinamica alternativa o complementare a quella ricevuta di ADHD.
- Due terzi dei casi accettarono il progetto; ma, poco meno di un terzo, nel momento in cui il bambino stava migliorando il suo funzionamento e, soprattutto, i genitori iniziavano a confrontati con i loro problemi, polarizzandosi sulla loro intolleranza dei sintomi (anche ridotti) del figlio, su loro esplicita dichiarazione preferivano esimersi dal loro impegno, orientandosi alla terapia col Ritalin, nella convinzione della rapidità della risoluzione dei sintomi rimanendo loro fuori da ogni coinvolgimento.
I rimanenti ( più di un terzo) conclusero la terapia con risultati buoni/ottimi
Una nota conclusiva
L’attuale società non tollera i comportamenti fastidiosi che vanno eliminati.
Per i genitori con un figlio sintomatico, meglio che abbia una malattia organica che un disagio emotivo, e si va alla ricerca di cause esterne /organiche perché sono decolpevolizzanti deresponsabilizzanti ed eludono il dolore.
Anche per il clinico è molto più semplice trattare una malattia emotiva su base organica, è meno faticoso ed emotivamente meno costoso del doversi interessare delle possibili cause psicologiche individuali e familiari, che invece vengono relegate a concause minori; che lo facciano i genitori è del tutto comprensibile, ma il problema è quando su questa linea ci si allineano anche i clinici
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Questo articolo è tratto dal testo:
Montecchi F. Psicopatologia dell’infanzia e della adolescenza:percorsi terapeutici. Franco Angeli editore Milano 2019