Nella nostra di esperienza del lavoro con bambini (Montecchi 2002,2004) abusati e con  i/le giovani con DCA è un rilevo frequente l’incrocio tra queste due condizioni ma non è solo con l’abuso sessuale che si incrocino i problemi alimentari ,ma ,soprattutto,con gli abusi che hanno il corpo come area coinvolta nell’abuso.
Maltrattamento fisico, abuso sessuale, sindrome di Münchausen per procura sono forme di abusi ai bambini che hanno come tema centrale la corporeità, sia come area su cui agisce l’abuso, sia come strumento attraverso cui è espresso il disagio, compromettendo la costruzione della immagine e della percezione corporea.

Nelle pazienti con DCA, che nella loro storia hanno avuto esperienze infantili di abusi, il disturbo alimentare acquista una connotazione protettiva molto più evidente che nelle altre pazienti anoressiche o bulimiche. Il desiderio di mantenere un corpo infantile diviene la strategia utilizzata per sottrarsi sia al richiamo delle aree pulsionali emergenti, sia all’interesse fisico dell’abusante.

Chiudendola al richiamo della “carne”, propria e dell’abusante, la fobia del peso e del cibo permette loro di controllare un corpo un tempo usato, violato e umiliato, reso ora ripugnante e sempre meno visibile per evitare un contatto umano perverso. In quegli abusi cui fa seguito una patologia alimentare, la negazione del cibo e dei bisogni alimentari diventa così la metafora della negazione di ciò di cui si ha bisogno e che proviene dall’esterno, la negazione del bisogno dell’altro, dal momento che l’altro si è rivelato inaffidabile e traditore. Il cibo rifiutato corrisponde quindi al rifiuto del mondo, quel mondo che ha permesso il contesto abusante in cui la bambina è stata costretta a vivere.

La mortificazione della carneIl tradimento perpetrato dalla corporeità, tipico delle dinamiche psichiche adolescenziali, se appare amplificato nei vissuti delle pazienti anoressiche, in quelle abusate acquista toni ancora più intensi e drammatici. Il corpo ha, infatti, predisposto in passato queste adolescenti a un’esperienza di tradimento, per difendersi dalla quale hanno poi messo in atto delle strategie comportamentali, di cui può far parte anche l’instaurarsi di un disturbo alimentare.

Proprio per i profondi mutamenti cui va inesorabilmente incontro, il corpo rappresenta agli occhi dell’adolescente un aspetto di sé vulnerabile e traditore che va mortificato, ma contemporaneamente rimane la fonte di sensazioni forti anche se dolorose, come la perversa erotizzazione del digiuno, della iperattività fisica, dell’abbuffata e del vomito, che divengono un abnorme atteggiamento difensivo contro tutto ciò che il rapporto con il cibo rappresenta. Dietro la relazione con un cibo vissuto come pericoloso e intrusivo si celano infatti tutti i rapporti con gli oggetti esterni, sperimentati come intrusione sessuale, fisica o mentale.

Nei vissuti di questi bambini, i pensieri, le emozioni e le azioni dell’adulto abusante sono rimasti dei corpi estranei, innestati nell’apparato mentale dei pazienti, conservando nel tempo il loro carattere di inappartenenza all’ambiente emotivo che, suo malgrado, li ospita. La loro mancata “digestione” emotiva li consegna all’impossibilità di essere “metabolizzati”, cioè elaborati e, quindi, dimenticati. Come un corpo estraneo, l’abusante occupa gran parte dello spazio mentale del bambino, da cui è vissuto come un persecutore onnisciente che rimane incistato nella psiche e quindi non “digerito”, quindi non “assimilato”, non “escreto”, impossibile da dimenticare. Inibita la via “digestiva” non resta che la via del digiuno o del vomito.

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A cura di Francesco Montecchi
Neuropsichiatria, psicologo-analista
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